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Gildo
(Indisponível)

Fu proprio là nella corsia di un ospedale

che aprii gli occhi e vidi un letto accanto al mio

il primo giorno si ha una sensazione spiacevole e volgare

e i piccoli disagi non fanno bene al cuore.



Ma la notte, la notte

aumenta lo spessore del dolore con le sue presenze

la notte, il cuore è gonfio la notte

e i lamenti dei malati riempiono le stanze.



Ma stranamente il giorno dopo prima che arrivino i parenti

si fa un poco di ironia persino sui lamenti

e il letto accanto al mio con dentro un uomo grosso e un po’ volgare

diventa una presenza singolare.



"Gildo, come faccio, mi vergogno, dovrei andare..."

E Gildo, il grosso Gildo, mi insegna da sdraiato come devo fare.

E intanto a pochi metri di distanza si fatica a respirare.



Sono le innocenti stonature di un salotto

sono i piccoli fastidi, i gesti un po’ meschini

che fanno l’uomo veramente brutto.



Ma in ospedale dove la perdita è totale

dove lo schifo che devi superare

è quello di aiutare un uomo a vomitare.

Dove non c’è più nessuna inibizione

dal vomito al sudore, alla defecazione

e allora salti il piano se lo sai saltare

e entri in un altro reparto dell’amore.



"Gildo, io vorrei che all’insaputa delle suore..."

E Gildo, il grosso Gildo, mi passa di nascosto qualche cosa da mangiare.

E intanto a pochi metri di distanza un uomo muore.



Si parla poco e piano per diverse ore

e a notte alta quell’ospite agghiacciante vien portato via

e riprende indisturbato e noncurante il ritmo della corsia.



I piccoli disagi, l’ho già detto fanno male al cuore

ma il senso della morte

è sempre stato troppo forte.

Gildo, non l'ho mai saputo immaginare

chissà perché improvvisamente diventa elementare

potrà sembrare irriverente ma qualche ora dopo

ridevamo tutti per niente.



Ma a scanso di fraintesi

non è il cinismo mestierante dei dottori

ma il senso della vita che ti spinge fuori.



"Gildo, mi dispiace, son guarito, devo andare..."

E Gildo, che naturalmente mai più nella mia vita ci avrò il gusto di incontrare

nasconde, questa volta con vergogna, il suo dolore.



Il cielo azzurro e teso

e le mie gambe strane, senza peso.

Attraversavo il giardino tremante

come in un sogno riposante.

Gli occhi delle nuove madri luccicavano

e i grossi seni sotto le vestaglie biancheggiavano.

Solitario avvertivo quel candore, quell’aria di purezza

e il cielo era azzurrino e c’era un po’ di brezza

e stranamente un senso d’amore che non so dire.










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